venerdì 25 gennaio 2008

pensieri musicati

tanto qui c'è soltanto vento
e parole di allora

mercoledì 9 gennaio 2008

lavorare con lentezza

Aprì la porta che erano quasi le cinque. L'impermeabile era zuppo d'acqua e le gocce scnedevano velocemente sul parquet di poche centinaia di euro. La porta era nuova e chiudendosi, nel silenzio dell'ora tarda fece un tonfo che risuonò nei tre piani del codominio. Abitava in un seminterrato che lì al nord potranno anche chiamarlo come gli pare, ma in fin dei conti è sempre un seminterrato. Attraversò il lungo corridoio al buio e fece per entrare in camera sua quando si accorse della luce accesa in cucina. Spinse la porta con delicatezza: dal divano comparvero i suoi due gatti che ronzavano quieti sotto la lampada. Spense la luce e si spinse con calma verso la sua stanza. La porta si aprì.
Di fronte a lui il lettone era disfatto e le lenzuola odoravano ancora di pulito, sotto un piumone stinto da anni di duro lavoro e di vari traslochi.
Il divano sulla sua sinistra era colmo in ogni suo posto. La borsa da un lato, i cuscini al centro e la tammorra impolverata dall'altro. Di fronte al divano un letto piccolo che fungeva più da secondo divano che da letto. Pochi erano riusciti a dormire su quella branda e lui stesso, a due giorni dal suo arrivo, era corso in un negozio per comprare qualcosa di più consono alla sua schiena.
La scrivania era molto piccola e dava sulla finestra. Era sgombra, ma carica di monetine di rame, non proprio pochi spiccioli, che facevano intuire quanto poco lui avesse cura delle sue finanze. La luna quella notte non c'era e tutto era in silenzio; in lontananza però le prime luci dell'alba già prendevano vigore.
Fece cadere i suoi vestiti sul pavimento anch'esso di parquet. Era pulito a terra ma qua e la si poteva notare una pulizia non così perfetta e maniacale come quella che ci si era immaginati ad una prima occhiata.
Si stese su un fianco poggiando il braccio sinistro sotto il cuscino poggiancoci completamente la testa: di li a poco si sarebbe girato dall'altra parte poggiando il braccio ormai dolorante su un lato. Poi aprì di scatto gli occhi, come di chi ha dimenticato quancosa di vitale importanza e deve assolutamente intervenire. “Ma che cazzo me ne freca a mme” borbottò poi velocemente; infine richiuse gli occhi e si adormentò all'istante.

lunedì 7 gennaio 2008

...e uscirono a rimirar le stelle

si ricomincia con il lavoro, la routine, gli scazzi, le interrogazioni, la casa vuota, il parquet sporco di polvere, il freddo che ti taglia la faccia, la birra a €3.30 alla pinta, le scosse prese in cucina, le idee che non ne vogliono sapere di uscire dalla testa, le sigarette sparse per la casa. auguro a tutto un felice ritorno alla normalità. il mio, è stato più travagliato del solito. vi regalo una canzone:
Quei giorni perduti a rincorrere il vento
a chiederci un bacio e volerne altri cento

un giorno qualunque li ricorderai
amore che fuggi da me tornerai
un giorno qualunque ti ricorderai
amore che fuggi da me tornerai

e tu che con gli occhi di un altro colore
mi dici le stesse parole d'amore

fra un mese fra un anno scordate le avrai
amore che vieni da me fuggirai
fra un mese fra un anno scordate le avrai
amore che vieni da me fuggirai

venuto dal sole o da spiagge gelate
venuto in novembre o col vento d'estate

io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai
amore che vieni, amore che vai
io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai
amore che vieni, amore che vai