giovedì 14 giugno 2007

Riflessioni sulla vita contemporanea

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Il post che andate a leggere è un esperimento virtuale che coinvolge due persone psicologicamente turbate dalla società attuale e quindi inadatte all'omologazione della percezione comune. Trattasi della verbalizzazione di pensieri in un continuo flusso di coscienza. La tecnica usata consiste nella scrittura ad alternanza regolare: i due soggetti ogni cinque minuti si alternano al pc e scrivono.

Ogni riferimento a cosa e persone reali è puramente non casuale.



Oggigiorno siamo bombardati da continui e violenti messaggi subliminale ed espliciti. E io non so come fare perché mi reputo incapace di decifrarli. Ce la metto tutta ma sento che loro hanno il sopravvento su di me. Quando senti degli scandali della politica, dell'allarme ambientale, della complessità delle nuove scoperte tecnologiche, dei nuovi trend modaioli...beh in quel momento io mi sento inadeguato. Mi sento inadeguato e incorporo tutto dentro di me. E uno...incorpora oggi, incorpora domani e vedi che prima o poi non ce la fa più e scrive qualcosa. Che poi se vai al mercato ortofrutticolo vedi le signorine che deambulano con abiti succinti che uno dice “e vabbè fa caldo” e no perché se andiamo avanti così poi legittimiamo gli atti vandalico - sessuali dei bambini alle elementari.

Che poi, la storia del caldo io mica l' ho capita tanto bene. Il caldo è una cosa regolare, non è che al nord Italia 25 gradi siano diversi dai 25 gradi siciliani. E invece, se stanno 25 gradi a Bergamo, le persone stanno in minigonna e infradito, invece in Sicilia a 25 gradi hanno ancora i giubbotti.

La moda, mamma mia e che brutta parola. Comprati questo, mi dicevano, che è la moda di quest'anno. Mi ci vedete a girare con un jeans rosa a 26 anni? Che si fotta la moda. Io ne ho le palle piene di quelli che mi vogliono inculcare un comune senso delle cose. Il glamour, l'amore, si deve fare così sennò... ma a voi chi ve l' ha mai detto che bisogna fare così e non diversamente? Insomma, qua bisogna darci una mossa, bisogna cambiare un po' di cose, altrimenti tra qualche anno ci troveremo a essere tutti uguali, e più tristi.

Che poi, la tristezza uno ce l' ha dentro perché se ascolti i Radiohead o Marco Masini non è che sei migliore di quello che ascolta Gigi D'Agostino o Molella. Perché in fondo se sei triste, sei triste. Morta lì. E in fondo alla fine se uno c' ha la tristezza è inutile che ti dici “vabbè, tanto mò passa”. No. Se non inizi a ridere e a impegnarti per la tua felicità non cambierà mai un bel niente. Forse il problema è che siamo lobotomizzati e che tendiamo a essere come loro ci vogliono. Ma chi? Che se loro c' hanno il coraggio che si facessero vedere, io li aspetto qua dietro l'angolo e se c' hanno i problemi li possiamo risolvere insieme, naturalmente senza violenza, che è volgare.

Un buon modo per nascondere la tristezza, è ridere. Una volta che uno inizia a ridere, tutte le cose cattive se ne vanno. Che è pur vero che prima o poi la tristezza ritorna, ma almeno hai avuto quei 5-10 minuti in cui ti sei dimenticato dei tuoi scazzi, delle tue cose. Oppure puoi sempre sognare di viaggiare, di andare con la testa in posti sconosciuti. Che mica uno pero ha sempre i soldi per viaggiare? E allora si prende un orologio, uno che non ti serve, e ci metti l'ora di uno stato lontanissimo. E io così sono felice. Poi però capita che la batteria si scarica, e allora la tristezza ritorna. Cazzo, ti chiedi, hanno bombardato l'Australia? Ecco, vedi, la parola comune esce sempre. Il bombardamento. Chissà cosa avranno pensato i nostri nonni quando le bombe gli cadevano in testa. Dove volavano i loro pensieri? Magari pensavano che sarebbero morti. Magari pensavano che la loro vita sarebbe finita li. La morte, io ogni tanto alla morte ci penso. Ma non ho paura della morte. La morte è un necessario susseguirsi di causa ed effetto. Uno si fa la sua vita del cazzo, e poi muore. Che poi, la morte altro non è che una conseguenza della tristezza. Se uno è sempre triste, alla fine muore un po' dentro. E poi, morire dentro non è così brutto, che poi quando ti passa la crisi, passeggera o no che sia, ti senti immortale. Ti senti tanto Lazzaro che risorge.

Che poi una storia tristissima e incivile è quella degli affitti. Che tu c' hai i soldi (e sempre là andiamo a finire) e ti compri il super-attico sopra il palazzone in centro e il povero impiegato è costretto a vivere una vita di stenti e sacrifici e poi alla fine deve farsi pure la gimcana la mattina per uscire dai suoi 35 mq di appartamento che condivide con la moglie e il suo bambino che va a scuola e fa gli scherzetti alla professoressa e gli tira il perizoma oppure entra in classe con lo scooter e se ne esce sgommando. Poi la moglie va a fare la spesa e si deve accontentare di prendere tutti i prodotti sotto marca perché quelli di marca costano troppo. E poi magari la difficoltà arriva quando la commessa del banco salumi le dice:”scusi signora ho fatto 70 grammi in più, che faccio lascio?” e la signora con la morte negli occhi e nel cuore risponde mortificata:”si, si… ehm..non si preoccupi”. Poi magari ritorna a casa e non trova più le birre comprate e allora se la prende col frigorifero che le prosciuga tutto quello che compra e allora lei compra cose inprosciugabili, ma le cose inprosciugabili non ti saziano. E se non ti sazi non rendi sul lavoro. E se non rendi sul lavoro allora il principale ti mette in mobbing. E se il principale ti mette in mobbing allora sono cazzi. E allora l'unica cosa da fare è il mattone forato legato a una corda resistente e portarsi sul punto più alto di un ponte, guardare giù, lasciar pendere il mattone di tufo, poi lasciarlo cadere in basso, chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla velocità della precarietà.

Il lavoro: non starò a parlare di precarietà, di flessibilità, contratti a termine e altre minchiate. Che cazzo è il lavoro? A che serve? Il lavoro uccide le persone, le rende tanto tristi. Prendiamo un onesto lavoratore che si sveglia alle sei e mezzo tutte le mattine e come un povero cristo va a lavorare fino alle sei del pomeriggio. E poi torna a casa, con la tristezza negli occhi, che magari si ritrova tutta casa sua piena di studentelli ubriachi e drogati che fanno un casino assurdo, e tu vuoi dormire, che domani si lavora di nuovo. Il tuo unico pensiero è il letto, e magari ci sta pure una tipa che te la vuole dare. Ma tu non te la prenderesti manco se ti paga lei, che tu hai proprio sonno, e il tuo primo pensiero è il letto.

Che poi il tutto si acuisce nel caso in cui sei un lavoratore con l'hobby dell'alcool. Torni a casa trovi il frigo vuoto e dici:”Ma perché ? Perché proprio a me? Perché sei stato così crudele, Signore? Io non ti ho mai fatto niente,anzi ti ho anche devoluto l'otto per mille. Cosa devo fare adesso? Vuoi che ti devolva anche il mio TFR?” E dopo queste disperate parole il lavoratore scivola fra le lenzuola e si abbandona alla visione di un buon film ma, a metà film, il computer lancia una schermata che gli ricorda che il suo sistema è in pericolo e che il computer sta per spegnersi. E quindi anche il film diventa un'impresa impossibile. E allora cerchi di dormire e non dormi perché pensi che domani devi lavorare e che ti devi svegliare alle 6 e mezzo ma se non dormi non puoi svegliarti. Cioè di solito uno la mattina si sveglia e dice”ho dormito male, ho dormito poco, ho dormito bene...” ma se non dormi non puoi dire di esserti svegliato. Perché in fondo dormire è un po' come lasciare i propri sogni in naftalina.

E allora poi arriva il sabato sera, in cui tutti si devono divertire. E allora esci pure tu, anche se in cuor tuo sai che non dovresti uscire perché alla fine se non esci è meglio perché oggi è una di quelle serate in cui berresti il mondo. E poi ti ritroveresti al centro della sala con decine di sconosciuti che ti ballano attorno e ti urlano: all'incontreeeee. E tu verso una certa ora non capisci più chi sei, cosa stai facendo e che forse è meglio che ti ficchi nella tua macchina e inizi a dormire. Il sonno arriva sempre quando non dovrebbe, e quando arriva è meglio non dargli torto.E poi ci sta il giorno dopo, quel giorno in cui non vorresti mai essere nato. Che la testa di fa male da cani, hai una arsura desertica e in testa hai la filarmonica di New York che ti suona contemporaneamente le canzoni dei carmina burana e di little toni. E tu vorresti morire, ma non puoi, che hai pure ospiti a pranzo e devi pure cucinare.

Che poi uno cucina sempre le stesse cose: spinacine, cotolette, wurstel, panino e salumi misti, tonno in tutte le salse. Ma in fondo c'è qualcosa di noi che non conosciamo e che non vogliamo conoscere. Perché non basta guardare Tg5 Gusto e poi Eat Parade di raidue (oppure l'apoteosi si raggiunge con la Prova del cuoco) per poter dire:”si, io so cucinare”. Perché se non sai cucinare non c'è padella anti - aderente che tenga. Un giorno tutti i cibi che noi abbiamo finora ingurgitato si rivolteranno contro di noi inscenando una rivoluzione culinaria che non si salverà nessuno.Poi un giorno capita che ti finisce lo zucchero e allora ti rivolgi alla vicina pluricentenaria. Bussi alla porta.

“chi è?” chiede lei.

“sono il suo vicino, signora, mi è finito lo zucchero”.

“abbiamo già dato” risponde lei preoccupata.

“Signora, ma io le avevo chiesto un po' di zucchero” replico rassicurante.

“Non mi interessano l'aspirapolvere, l'enciclopedia e fasniut (fastweb), io sono sola e non apro a nessuno”

“signora ma io non voglio vendere niente, cerco solo un po' di zucchero, vengo in pace” cerco di non incutere timore ed essere il più possibile tranquillizzante.

“scusami ragazzo, non posso aprire, non sono in casa” dice lei con la voce tremolante.

“seee, lasciate un messaggio acustico dopo il beep....ma che se ne vada a fare in culo, signora, a rate!” le dico sussurrando vicino la toppa della porta.

Che poi i vicini sono la casta più irritante e indegna che la stirpe umana abbia mai conosciuto. Si presentano con fare benevolo e poi te lo mettono in c..o in ogni salsa. Prima si presentano come amici, e poi ti chiamano i carabinieri. Che poi, a ben pensarci, io lo zucchero neppure lo uso per cui non avrei assolutamente nessun motivo per interagire con i vicini. Sono loro che ti scrutano, ti vogliono conoscere, vogliono essere i tuoi migliori vicini. Ma non rompete le palle e fate la vostra vita, come avete fatto da 100 anni a questa parte. E che è, vedono un trasloco e si credono che è arrivato il circo. Che poi a me il circo manco piace con tutte quelle bestie che stanno chiuse in gabbia. Che poi alla fine altro non è che una metafora della nostra società. Tutti chiusi in bellissime gabbie dorate, con tv via cavo e condizionatori comprati in offerta ai centri commerciali. Che tanto prima o poi si rompono, come tutti i prodotti tecnologici comprati in offerta. E che si rompono sempre il giorno dopo la fine della garanzia, che sembra che abbiano un orologio interno. Lui aspetta, aspetta, e il giorno dopo si aziona e ti dice: te l'ho messo in culo.

E allora è dolce naufragare in mare aperto così magari incontri pure il tipo che fa la pubblicità di riomare. Siamo tutti troppo così vicini per capirci e venirci incontro. Se fossimo magari un po' più distanti e meno prodighi di buoni e falsi propositi, magari vivremmo meglio. Che poi è lo scopo di queste cose qua che stiamo scrivendo io e quest'altro ragazzo che c'abbiamo una visione distorta forse della realtà ma sappiamo bene cose dire e come dirlo. Se sbagliamo, abbiate il coraggio, ditecelo!

5 commenti:

mariposa ha detto...

No no,non sbagliate è tutto verissimo.
Solo una cosa però... ricordate:CHI NON LAVORA NON FA LAMORE!!!
Baci.

raf ha detto...

ila, l'hai letto tutto? pazza?! ora dovrai essere eliminata. sai troppo

mariposa ha detto...

e io piango....

esplanade ha detto...

ci sta pure sul mio blog.
lasciateli lì i commenti.
questo blog non è bello.

ihihihih

Anonimo ha detto...

questo commento lo potete trovare anche su espl4n4de.blogspot.com

insuperabile come il tonno (altro che rio mare...) e un prodigio come la scorreggia dello scoiattolo.